19 Apr Il Ristorante oggi
Se precedentemente il ristorante fu usato come uno status symbol dalle classi sociali emergenti per dimostrare il nuovo potere economico conquistato, oggi la ristorazione ha invece lo scopo di soddisfare un bisogno di svago e divertimento. La struttura dei locali ricerca quindi una diversificazione in senso tematico e qualitativo piuttosto che perseguire un’unica idea di lusso come nei primi ristoranti.
Guardando al panorama italiano i tipici locali americani di eatainement – fast food sembrano non funzionare completamente. Nella cultura italiana infatti la serializzazione dei franchising non soddisfa le aspettative dei clienti che preferiscono invece locali qualitativamente migliori, sia dal punto di vista della qualità strutturale che gastronomica. Nascono così i trendspace, di norma locali molto ampi (superiori ai 500 mq) in cui il consumo di cibi e bevande si unisce all’intrattenimento già a partire dalla musica di sottofondo.
Un sottoinsieme di questa tipologia di locali riguarda i lounge, arrivati in Italia alla fine degli anni ’90. Il termine lounge fu creato durante il Proibizionismo per descrivere locali adibiti al consumo di bevande alcoliche ma si proseguì poi il suo uso nel tempo, sostenuto anche dall’affermarsi della cultura del cocktail a partire dagli anni ’50. Dimostrazione dell’importanza del collegamento tra l’intrattenimento e questo format è la nascita del genere di musica lounge, atto ad identificare la musica che viene riprodotta in questa tipologia di locale durante il consumo di cocktail con lo scopo di creare un’atmosfera particolare.
Le strutture appartenenti al settore della ristorazione sono create comunque essenzialmente per servire cibo al di fuori del contesto individuale o familiare. Come nel caso del segmento dedicato all’ospitalità, anche i ristoranti si suddividono per categorie e posizionamento a seconda della location, della domanda, della categoria di cibo servito, della dimensione, degli standard perseguiti, dall’atmosfera che li caratterizza e dalla tipologia di proprietà.
I ristoranti tradizionali però, specialmente quelli ospitati dagli hotel, stanno rischiando di rimanere indietro dal punto di vista degli indicatori economici avendo impiegato troppo tempo per lo sviluppo e il ciclo di vita del business li sta trovando impreparati. Fuori, nei ristoranti indipendenti, oggi è facile trovare primi piatti che costano di più dei main courses, sovente i camerieri sono vestiti con abiti firmati e Chef e designers sono recensiti sui giornali di tutto il mondo: tutti questi ristoranti però, una volta immersi nell’opulenza e nel lusso, oggi si sono semplificati inseguendo il fenomeno della “bistroizzazione” oppure tendono a voler assomigliare più ad “osterie”.
Gli stili alimentari degli italiani hanno subito un grande cambiamento nell’equilibrio dell’importanza data ai due pasti principali. Ne è derivata una maggiore abitudine ad alimentarsi fuori casa a causa dei ritmi di lavoro e la destrutturazione dei pasti. Questi non sono più composti dalle classiche tre portate del pranzo all’italiana e sono intervallati da vari spuntini durante l’arco della giornata.
Da un’indagine di Coldiretti, la spesa degli italiani per mangiare fuori casa nel 2015 è salita a 76 miliardi, circa il 35% dei consumi alimentari che hanno sfiorato i 220 miliardi di euro. Un terzo delle spese per i consumi alimentari in Italia viene però destinato a nuovi concept ristorativi: aperitivi, panini gourmet per strada, food truck e bistrot.
Il successo dello street food sembra che abbia conquistato 35 milioni di italiani che approfittano dell’occasione, non solo per cibarsi risparmiando ma soprattutto per riscoprire le tipicità del territorio. Da qui un calo dei cibi internazionali a fronte dell’aumento di specialità tipiche italiane.
Chi ne esce vincitore in questa crescita di possibilità di consumo è il cliente che ha più opzioni di ristoro come mai in passato e che si trova a poter essere maggiormente critico ed esigente nei confronti dei format tradizionali di ristorazione. Le aspettative dei clienti riguardo al valore relativo al prezzo sembrano essere quindi in crescita: le persone vogliono maggiore “value for money”.
In realtà però, analizzando i consumi, si può dedurre che la mancanza di tempo per cucinare non sia l’unico motivo del consumo fuori casa. Se così fosse infatti i picchi di consumo si avrebbero durante la settimana mentre invece i weekend continuano ad essere i momenti di maggior afflusso alle attività. Da ciò si può ipotizzare che le persone si rechino presso la ristorazione o per una questione di maggior piacere collegato al gusto del cibo oppure per godere, oltre che della buona cucina, anche dell’esperienza sociale derivata dal consumo di cibo in pubblico. Questa condivisione di esperienze soprattutto sociali si evince anche dal crescere costante del fenomeno di legato alla pubblicazione di cibi, tavolate, ristoranti correlati da specifici hashtag che caratterizzano il consumo di cibo attuale. Oggi è normale veder scattare fotografie da un cellulare ad un piatto appena arrivato a tavola e quegli scatti, lo vedremo, possono essere assolutamente preziosi per ristoratori e hotelier.
Nel prossimo appuntamento della rubrica scopriremo quindi come l’esperienza possa guidare il consumo e la percezione del cliente, al ristorante e in hotel.
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